La sentenza n. 2321 delle Sezioni Unite della Cassazione, depositata il 31 gennaio 2020, afferma che l’indicazione nell’atto di vendita del terreno edificabile di un valore inferiore alla perizia giurata di stima non legittima l’amministrazione finanziaria ad accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene.

La Legge di Bilancio 2020, conferma la possibilità di rivalutare il valore dei terreni posseduti attraverso il pagamento di un imposta sostitutiva pari al 11% dell’intero valore risultante da un’apposita perizia di stima al fine di ridurre l’eventuale plusvalenza in caso di cessione dello stesso.

Per poter usufruire dell’agevolazione è necessario che:

  • il terreno sia in possesso alla data dell’1 gennaio 2020;
  • la perizia di stima sia effettuata entro il 30 giugno 2020;
  • il versamento dell’imposta sostitutiva sia effettuato in un’unica soluzione entro l’1 luglio 2020 oppure in 3 rate annuale di pari importo

L’ art 7 della L 448/2001 stabilisce che, la rideterminazione del valore di acquisto di terreni edificabili e con destinazione agricola in argomento “costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale

Nel caso di specie, si è generato un dibattito in merito alla possibilità che il contribuente possa perdere il beneficio della rivalutazione qualora, in caso di successiva cessione del terreno, non venga richiamato in atto il valore di perizia, dichiarando invece un corrispettivo inferiore.

La Corte chiarisce che “l’imposta sostitutiva per la rivalutazione dei terreni è un imposta volontaria in quanto è frutto di una libera scelta dei contribuente, il quale opta per la rideterminazione del valore del bene, con conseguente versamento dell’imposta sostitutiva, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull’imposta ordinaria altrimenti dovuta sulla plusvalenza non affrancata; in cambio (per così dire), l’Amministrazione finanziaria riceve un immediato introito fiscale” (Cass. 12/11/2014, n. 24057).

La scelta del contribuente di calcolare il valore del bene non determina un vincolo nella successiva vendita e non limita pertanto la facoltà di rivendere il bene ad un prezzo inferiore.

La sentenza precisa inoltre che nemmeno la facoltà del cedente di modificare il valore normale minimo risultante dalla perizia con un nuovo valore rideterminato in relazione all’andamento del mercato immobiliare o alle condizioni dell’immobile, può giustificare la decadenza del beneficio qualora si decida di non avvalersi dell’opzione.

Le Sezioni Unite hanno quindi enunciato il seguente principio di diritto “In tema di plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. a) e b), d.P.R. n. 917/1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola l’indicazione nell’atto di vendita dell’immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base di perizia giurata a norma dell’art. 7 l. n. 448/2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene”.