L’ordinanza n. 19113 del 16 luglio 2019, Cassazione civile, sezione VI,  ha riaffermato il principio secondo cui gli Uffici finanziari e la Guardia di Finanza possono richiedere, senza alcuna limitazione all’attività di indagine volta al contrasto dell’evasione fiscale, copia dei conti intrattenuti con il contribuente.

Secondo l’art. 51 , comma 2, n.7, del Dpr n. 633 del 1972, l’attività di verifica può avvenire anche sui conti intestati a terzi, a soci o a familiari, al contribuente spetta l’onere di fornire la prova della sua estraneità a queste movimentazioni.

L’accesso ai conti intestati formalmente a terzi, le verifiche finalizzate a provare per presunzioni la condotta evasiva e la riferibilità alla società contribuente delle somme movimentate sui conti intestati ai soci, o anche ai loro congiunti, possono essere giustificati da alcuni elementi come il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’attività di impresa compatibile con la produzione di utili, incombendo in ogni caso sulla società contribuente la prova che le ingenti somme rinvenute sui conti dei soci o dei loro familiari non siano ad essa riferibili.