A causa della crisi provocata dal Covid-19, è all’esame della Commissione Finanze della Camera una proposta di legge (A.C. 2075) sui certificati di compensazione fiscale.

I CCF, infatti, potrebbero essere uno strumento grazie al quale rilanciare l’economia italiana nel rispetto delle vigenti regole europee.

I nuovi CCF vengono definiti obbligazioni trasferibili e negoziabili emesse dallo Stato, una sorta di “moneta fiscale” priva di corso legale, “basata su sconti fiscali differiti, relativi a imposte non ancora maturate“, in grado di creare la liquidità senza infrangere le regole europee.

Secondo tale proposta di legge, «sarebbero assegnati a titolo gratuito a determinate categorie di persone e imprese o specifici settori di investimento, di volta in volta individuati dal Governo secondo il criterio del superiore interesse pubblico. Ad esempio “potrebbero essere assegnati per integrare il reddito dei lavoratori dipendenti, per finanziare investimenti pubblici e programmi di spesa sociale, per ridurre le imposte delle imprese sul lavoro».

I certificati di compensazione fiscale non potrebbero essere rimborsati dallo Stato prima di due anni ma sarebbero comunque portatori di valore immediato, diventerebbero una sorta di voucher scambiabile anche con euro nel mercato finanziario, o utilizzabile per acquistare beni e servizi.

In ogni caso, sarebbero contabilizzati come crediti d’imposta non pagabili e rileverebbero ai fini della contabilità di Stato solo alla data della compensazione e per la quota effettivamente utilizzata.

Per quanto riguarda le modalità di emissione, i certificati fiscali avrebbero forma “dematerializzata”, con valore incorporato su scheda elettronica ricaricabile dotata di un codice identificativo utilizzabile da qualsiasi applicazione digitale.