Con le sentenze nn. 3839 e 3841 pubblicate lo scorso 8 febbraio, la Corte di Cassazione si è espressa in merito al pagamento dell’imposta di registro del 3% sui finanziamenti soci enunciati nelle delibere di aumento di capitale o ripianamento perdite.
Secondo la norma, “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate”. Inoltre, se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso, è dovuta anche la sanzione per omessa registrazione.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha stabilito la non debenza dell’imposta poiché carente della condizione della permanenza degli effetti dell’atto enunciato, richiesta dall’art. 22 co. 2 del DPR 131/86.
Secondo i Giudici, il finanziamento cessa i suoi effetti a seguito della rinuncia dei soci al credito avente ad oggetto la restituzione di quanto versato, di conseguenza la definitiva imputazione a capitale della somma versata dal socio alla società muta l’originaria causa del versamento, determinando l’estinzione dell’obbligo restitutorio “se non anteriormente quantomeno contestualmente o in esecuzione dell’atto annunciante“.