Nel caso di specie, una società aveva emesso fatture per operazioni soggettivamente false riguardanti la vendita di gasolio agevolato a soggetti diversi dai reali destinatari ottenendo, in tal modo, un ingiusto profitto conseguente all’evasione delle accise e dell’IVA.
Era stato quindi disposto un sequestro preventivo delle somme di denaro depositate sui conti correnti bancari e postali, libretti di risparmio, titoli e azioni, nonché di 13 automezzi.
Gli imprenditori della S.r.l. avevano proposto un ricorso in Cassazione ma, la Suprema Corte lo ha ritenuto inammissibile affermando che, per la misura del sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti questo viene operato.
Inoltre, la Cassazione asserisce che «il reato di emissione di fatture soggettivamente inesistenti, per definizione, consente al destinatario della falsa fattura di conseguire un ingiusto profitto in termini economici, ma non comporta necessariamente un analogo vantaggio».
Viene dunque evidenziato che il reato di emissione di fatture soggettivamente inesistenti permette all’ente destinatario che le utilizza inserendole nella propria contabilità di conseguire un ingiusto profitto, pari al risparmio di imposta ma non richiede necessariamente per la sua sussistenza un analogo vantaggio patrimoniale per l’ente che la emette.
La cassazione ha infine considerato “controproducente” la prospettazione dei ricorrenti, in quanto vi è una effettiva ammissione del fatto che i ricorrenti abbiano emesso le false fatture in nome e per conto di una società sottoposta ad amministrazione giudiziaria.