Con l’ordinanza n. 23377 del 19 settembre 2019, la Corte di cassazione afferma che è onere del contribuente documentare l’entità dei redditi di provenienza familiare.

Questa la risposta ad un contribuente che aveva fatto ricorso in seguito a due avvisi di accertamento, con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato in via presuntiva il reddito sulla base delle spese relative all’acquisto di tre autovetture, non coerenti con il suo profilo reddituale.
Il contribuente aveva contestato deducendo di essere studente universitario, di non percepire alcun reddito e che le autovetture erano state acquistate con denaro regalatogli dal padre.

Il ricorso è stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale, ritenendo che l’acquisto delle autovetture dovesse essere ricollegato a liberalità effettuate dal padre del contribuente. La Commissione regionale, invece, osservava che il contribuente non fosse stato in grado di dimostrare adeguatamente che l’acquisto delle auto era ricollegato alle liberalità paterne, non ritenendo sufficiente la documentazione bancaria prodotta.

L’ufficio finanziario che accerti con metodo presuntivo ha l’unico obbligo di esporre in maniera corretta e puntuale gli elementi indicatori di capacità contributiva, non avendo l’onere di produrre prova ulteriore rispetto all’esistenza di tali fattori, giacché gli stessi sono individuati nei decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992 (Cass. 5688/2019).

Nel caso di specie, la Commissione regionale ha rilevato che  la prova contraria offerta al giudice, consistente in generiche operazioni bancarie di prelevamenti di denaro in contante e nell’affermazione dello status di studente universitario non percipiente reddito, non è ritenuta sufficiente a superare l’accertamento presuntivo operato dall’Amministrazione.

Il contribuente, quindi, per provare che la spesa sia frutto di liberalità, deve fornire la relativa prova con la produzione di documenti che attestino non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento, “pur non essendo lo stesso tenuto a dimostrare l’impiego di detti redditi per l’effettuazione delle spese contestate, attesa la fungibilità delle diverse fonti di provvista economica” (Cass. 28/3/2018, n. 7757).