Le domande per la richiesta del contributo a fondo perduto, previsto dal decreto Rilancio, potranno essere presentate entro e non oltre il 13 agosto 2020.
Ricordiamo che il contributo può essere erogato a soggetti (individuali e collettivi) titolari di partita IVA che:
- esercitino attività di impresa con ricavi “tipici” fino a 5 milioni di euro nel 2019 (compresi gli enti non commerciali in relazione alle attività commerciali svolte);
- esercitino attività di lavoro autonomo con compensi fino a 5 milioni di euro nel 2019;
- siano titolari di reddito agrario.
Ad oggi, l’Agenzia delle Entrate ha già erogato fondi per 4,2 miliardi. Tali contributi sono stati erogati provvisoriamente, i controlli saranno effettuati successivamente, anche in base ai protocolli d’intesa con la Guardia di Finanza.
Le verifiche da parte del Fisco, per controllare che non ci siano tentativi di frode nelle richieste pervenute, si concentreranno in via prioritaria sui soggetti “a rischio”, con una storia pregressa sospetta per frode, e su quelle Partite IVA da anni inattive che, con l’occasione dei contributi a fondo perduto, sono tornate ad essere attive all’improvviso.
L’Agenzia delle Entrate, nell’effettuare i dovuti controlli, procederà verificando i dati relativi a fatture elettroniche, corrispettivi, Lipe e dichiarazioni IVA. Specifici controlli saranno effettuati per la prevenzione di infiltrazioni criminali.
Saranno verificate le posizioni dei soggetti che risultano aver percepito e non dichiarato redditi di lavoro dipendente e assimilati sui quali, in base ai flussi informativi dell’INPS, risultano versati i contributi previdenziali e non risultano effettuate le previste ritenute.
Ulteriori accertamenti saranno poi effettuati dalla Guardia di Finanza, al quale l’Agenzia delle Entrate trasmetterà dati ed informazioni contenuti nelle istanze.
Le verifiche per la correttezza sui contributi a fondo perduto saranno effettuate durante otto anni di tempo.
In caso di irregolarità o errori sui dati indicati nella domanda, sono previste pesanti sanzioni.
Qualora emerga che il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito dei successivi riscontri di regolarità antimafia, l’Agenzia delle Entrate procede alle attività di recupero del contributo, nella misura minima del 100% e fino al 200%, senza possibilità di beneficiare di forme di definizione agevolata.
Nel caso di presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, si applica la pena prevista dall’articolo 316-ter del Codice Penale (indebita percezione di erogazione a danno dello Stato): la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Qualora il contributo indebitamente percepito sia pari o inferiore a 4.000 euro, si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 5.164 a 25.822 euro.
Chi ha rilasciato un’autocertificazione di regolarità antimafia non conforme è inoltre punito con la reclusione da 2 a 6 anni.
Qualora il contribuente si accorgesse di aver commesso errori nella richiesta, potrà tuttavia presentare una domanda di rinuncia. In questo caso, non saranno dovute sanzioni, a condizione che la rinuncia presentata riporti una data di protocollazione anteriore alla data di accreditamento del contributo.
In tal caso, il soggetto che ha percepito il contributo non spettante dovrà restituire la somma percepita mediante il modello F24.