Con l’ordinanza n. 26677 del 21 ottobre 2019, la Corte di Cassazione afferma che, con riguardo alla dichiarazione dei redditi, il contribuente che abbia espresso la volontà di modificare la scelta di adeguarsi o meno agli studi di settore, possa farlo in sede di contenzioso solo dopo aver preventivamente presentato nei termini di legge una dichiarazione integrativa.
Il caso di specie ha origine dal ricorso dell’Agenzia delle Entrate, accolto dalla Corte di Cassazione, in merito ad una società che aveva compilato “solo in parte” il rigo RF16 della dichiarazione dei redditi.
Per la suddetta società l’importo parzialmente riportato costituiva un errore materiale, pur ammettendo di non aver provveduto a correggerlo mediante una dichiarazione integrativa.
La Ctr, in primo grado di giudizio, ha accolto l’appello del contribuente, affermando che la dichiarazione può essere corretta anche in sede contenziosa, a prescindere dall’eventuale presentazione di una dichiarazione integrativa.
Secondo giudici di legittimità, invece, la volontà del contribuente di voler ritrattare l’opzione per l’adeguamento allo studio di settore è da considerarsi alla stregua di un atto negoziale, “in quanto incide sulla determinazione della base imponibile e sull’entità del tributo da versare, vincolando l’attività di accertamento dell’Ufficio sicché, nell’ipotesi di errore, la stessa è emendabile solo entro il termine di cui all’art. 2, co. 8-bis del D.P.R. 322 del 1998, e non anche nel corso del processo.”
I giudici della Corte di Cassazione, accogliendo la tesi dell’Agenzia delle Entrate, hanno definitivamente respinto l’originario ricorso dalla società e, conseguentemente, proposto e dichiarato la legittimità della cartella di pagamento impugnata.