Con l’ordinanza n. 26636 depositata il 24 novembre, la Corte di Cassazione ha affermato la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo relativo a maggiori ricavi non dichiarati pari alla differenza tra il canone di locazione dell’immobile del contribuente sottoposto a controllo e il canone di locazione di immobile di minore metratura dello stesso stabile.

Nel caso di specie, l’unità immobiliare della società soggetta ad accertamento percepiva un canone di locazione annuo inferiore a quello di un immobile di metratura addirittura minore dello stesso stabile, di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate si basava sull’antieconomicità della condotta posta in essere dalla società immobiliare.

L’Agenzia ha quindi contestato alla società immobiliare ricavi non contabilizzati pari a 67.500,00 euro.

Secondo la società immobiliare, i dati utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per l’accertamento analitico-induttivo, con conseguente rettifica dei ricavi, mancano dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla norma, tuttavia il contribuente non ha fornito nessuna idonea prova contraria a superare la presunzione a base dell’accertamento.

In conclusione, la Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente, sostenendo che la differenza tra il canone di locazione dell’immobile del contribuente sottoposto a controllo e il canone di locazione di immobile di minore metratura dello stesso stabile rappresentasse una presunzione semplice con i caratteri di gravità, precisione e concordanza, ritenendo legittimo l’accertamento.