Con l’ordinanza n. 25627 del 25 settembre 2024, la Cassazione interviene in materia di accertamento induttivo e ripartizione dell’onere della prova, in presenza del saldo di cassa negativo.
Nel caso di specie era stato notificato, da parte dell’Agenzia delle Entrate, un avviso di accertamento ad una s.r.l. per l’anno d’imposta 2006, con cui venivano recuperati a tassazione maggiori ricavi per € 176.384,76 e minori costi per € 81.500,00.
Per effetto, venivano rilevati numerosi apporti di cassa effettuati in contanti dal legale rappresentante della società, ipotizzando la falsa apparenza di una informale capitalizzazione giustificata in contabilità quale apporto del o quale finanziamento infruttifero.
Il maggior reddito generato dalla partecipazione agli utili veniva imputato tramite altro atto impositivo al socio al 40% della società.
All’esito dell’impugnazione dei suddetti atti impositivi, con la sentenza della Commissione tributaria di Lecce del 25/05/2012, veniva parzialmente accolto il ricorso, riconoscendo i costi ritenuti indeducibili dall’ufficio e confermando nel resto l’atto di accertamento.
Successivamente, veniva accolta l’impugnazione principale avanzata dal contribuente sul reddito accertato nei confronti della società e, di riflesso, nei confronti del socio, annullando il relativo atto di accertamento. Le spese del giudizio, quindi, venivano compensate.
L’Agenzia proponeva poi ricorso per cassazione, in quanto contestava la decisione dei giudici di secondo grado, i quali avevano ritenuto che le movimentazioni finanziarie da sole non dimostrassero l’emersione di fatti economici occulti pur in presenza di incontroversi saldi di cassa negativi.
Attraverso tale sentenza i giudici di Cassazione evidenziano che la presenza di uscite superiori agli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura pari almeno al disavanzo; inoltre, per gli stessi giudici «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili».